Damiana Patrimia 07/01/2019

In aperta campagna, a circa sette kilometri da Campi Salentina,
sulla strada per Cellino, su di un rilievo di quasi 58 metri di
altezza, detto di “Serra di S. Maria dell’Alto”, sorge l’omonima
chiesa romanica detta pure della “Madonna dell’Alto”, che
in antico era conosciuta come “Madonna del latte” per un
dipinto raffigurante la Vergine che allattava il Bambino Gesù,
opera originariamente collocata dietro l’altare maggiore e poi
translata nella sacrestia della Collegiata di Campi.
Pare, però, che il nome della chiesa sia stato per il popolo
anche quello di “S. Maria di Bagnara”, e ciò perché nel luogo
era esistito il casale romano di Bagnara, poi distrutto nel 924
da una scorreria saracena. Il tempio ricostruito nel XII secolo,
o nel successivo, sorse nell’area di una chiesa più antica, forse
del VI o del VII secolo d.C., quindi paleocristiana, e ciò è
assodato da alcune tracce strutturali che ancora restano nella
sacra costruzione di cui stiamo parlando, struttura che nel
tempo venne più volte rifatta fino all’epoca normanna, anche
se dopo ha registrato altri interventi.
Posta al confine tra il territorio longobardo e quello bizantino,
la Chiesa di S. Maria dell’Alto venne tenuta da una guarnigione
di soldati bizantini, fino a quando il territorio salentino cadde
in mano normanna.
Il prospetto della chiesa è di inequivocabile stile romanico,
alquanto semplice, ed esso possiede un protiro costituito da
un baldacchino decorato da foglie di acanto all’interno, da una
lunetta che in origine conteneva un affresco di cui oggi nulla
resta, nemmeno le tracce della sinopia. Il protiro possedeva
due colonne alquanto sottili, a base ottagonale, con capitelli
decorati da foglie di acanto. Tali colonne vennero asportate,
ossia, rubate, negli anni Ottanta del secolo scorso, ma non
molto tempo dopo esse furono recuperate dai Carabinieri ed
oggi sono custodite, prive però dei capitelli mai rintracciati,
nella chiesa di S. Maria delle Grazie, ovviamente a Campi
Salentina.
Con una sola entrata, questa chiesa possiede sul prospetto
monocuspidale, decorato perimetralmente, in alto, da archetti
pensili, un piccolo rosone a diversi raggi, realizzato nella prima
metà del secolo scorso in sostituzione dell’oculo originario. La
copertura del sacro edificio, come si è detto, è monocuspidale
ed a capriate lignee coperte da embrici, ovviamente più volte
rifatte data la loro relativa durata. A destra della chiesa due
ambienti, probabilmente adibiti a sacrestia o abitazione dei
religiosi per l’esercizio del culto. Ancora negli anni Cinquanta
del secolo scorso tali ambienti, in stato più precario erano
adibiti dai contadini, ma a volte pure la stessa chiesa, ad uso

di ricovero, di stalla o di piccolo palmento.
Delle condizioni della chiesa di S. Maria dell’Alto da
secoli in uno stato precario e spesso in pericolo di crollare,
abbandonata, depredata e vandalizzata tanto hanno scritto gli
studiosi che di essa si sono occupati e si occupano, ma per
seguire dettagliatamente la sua progressiva rovina dovremo
riferirci a documenti preziosi, quali quelli costituiti dalla S.
Visite, dal XVII secolo in poi.
Stando ancora all’esterno del sacro edificio, si scorge un
campaniletto a vela, ad unica luce, che poggia sul lato nord
sopra il muro di fondo, tuttavia si ritiene che tale campaniletto
sia stato costruito nei secoli successivi all’edificazione di
questa chiesa. Interessante, di sicuro, sul lato esterno rivolto
a sud, un capitello con fregio costituito da una croce greca
affiancata da palmette, posto a coronamento di una colonna
incastrata nel muro, la quale sostiene un doppio arco. Ciò fa
ritenere si sviluppava da questa parte in successivi vani, forse
una quarta navata.
Entrati nella chiesa, oggi ci appare a tre navate divise dai sei
archi a sesto acuto, sorretti da pilastri ottagonali e tali archi
sono contraddistinti da una bicromia, ossia da conci bianchi
e ocra che si alternano. La chiesa non è grande misurando in
lunghezza m. 16.10 e in larghezza m. 6,50, a cui va aggiunta
l’abside profonda m. 2,65 e larga m. 6,7, divisa nella parte
esterna da quattro lesene con sezione quadrilatera, di circa
60 cm. Si notano poi tre finestroni, originari, i cui laterali
sono stati murati ed il centrale è stato ridotto a monofora.
Sui muri delle piccole navate laterali, in corrispondenza delle
campate, ci sono trasversalmente degli archi a tutto sesto con
timpano di muratura che segue l’inclinazione della copertura
a capriate, le cui travi orizzontali poggiano su quattro mensole
per campata. Solo l’abside semicircolare possiede la copertura
in muratura, di recente costruzione, e dietro di essa si apre una
lunga finestra a feritoia.
L’unico altare, rifatto nel 1972, di poco precede l’abside e in
tutta la chiesa non si notano tracce di affreschi, che in origine
decoravano tutto l’edificio ma che poi per ragioni diverse sono
spariti del tutto.
Negli studi specifici e nelle S. Visite l’interessato lettore potrà
rintracciare con ampi dettagli le vicende storico-strutturali,
nonché cultuali della Chiesa di S. Maria dell’Alto. Si ricorda
comunque, che con la S. Visita del 1863 venne istituita la
festa della Madonna dell’Alto nella terza domenica di maggio,
ricorrenza per tanto tempo frequentata anche dalla gente dei
paesi vicini. Oggi, nonostante la tendenza tesa a valorizzare
i beni culturali, per quanto riguarda questa chiesa romanica
ogni tentativo è stato vano, tant’è che, più volte si è detto,
essa versa ancora in mortificante degrado, sia per gli agenti

atmosferici, sia per la scarsa sensibilizzazione degli abitanti di
Campi, e soprattutto per gli atti vandalici che da alcuni decenni
continuano maggiormente a colpirla, soprattutto con furti.