Damiana Patrimia 17/02/2019

All’architettura militare romanica potrebbe essere
assegnata la svettante torre di Leverano, in origine alta 30 metri
ed oggi pressoché al centro del paese in virtù dell’espansione
edilizia dal XIII secolo in poi. Questa grandiosa costruzione
realizzata per la vedetta e per la difesa, con conci di tufo
carparino, sorse verso il 1220 per volontà dell’imperatore
Federico II; avendo perduto il coronamento merlato che correva
lungo tutto il suo perimetro quadrangolare, attualmente non
supera i 28 metri di altezza.
La torre federiciana, pertanto, ha una pianta quadrangolare a
forma di parallelepipedo, è suddivisa in tre piani i cui soffitti
divisori, in legno, sono crollati da tempo. La struttura si adagia
su di un alto basamento scarpato e merlato e un tempo era
circondata da un ampio fossato per cui ad essa si accedeva
tramite un ponte levatoio. Essendo lo stemma civico di
Leverano costituito dalla torre federiciana ci viene mostrata
la sua immagine di come poteva essere in antico, e ciò è
maggiormente documentato da uno scudo del 1602.
È appena il caso di sottolineare che la torre fu costruita a difesa
del casale e degli insediamenti vicini che continuamente erano
tormentati da pirati provenienti dal mar Jonio distante cinque
miglia e da predoni locali. Per secoli il baluardo è stato al
centro di vicende belliche. In esso nel 1373 trovarono rifugio
i profughi del casale Alvaro, distrutto dal capitano bretone
Giovanni Montacuto. Nel XV secolo Tristano Chiaromonte,
Conte di Copertino, la munì di artiglieria, ma ciò non valse
l’occupazione di Leverano da parte di Giovanni Antonio
Orsini Del Balzo. Nel 1484 resistette valorosamente contro
l’assedio dei Veneziani e nel 1528 riuscì a respingere l’attacco
dei soldati francesi del Lautrec e quelli di Carlo V.
Riconosciuta nel 1870 monumento nazionale, la torre di
Leverano ha il tetto ottocentesco con volta a crociera, tuttora
in discreto stato. All’osservatore risalta subito il modo in cui
sono stati realizzati i costoloni bicromi degli archi che reggono
la volta, formati da conci di bianco calcare tufaceo e di carparo
scuro.
Questo motivo, di gusto orientale, testimonia la verità degli
influssi artistici che si incontravano e si fondevano nel Salento.
Sulle pareti del torrione, in alto, si aprono per ogni lato bifore
ogivali di buona fattura, mentre nell’ambiente più basso
sono state realizzate semplici monofore quadrangolari. Dallo
scudo succitato apprendiamo che la torre possedeva caditoie
nonché aperture circolari nelle merlature del basamento e del
coronamento, ma esse vennero meno al tempo di Tristano
Chiaromonte che restaurò la fortificazione per dotarla di
bocche da fuoco, neutralizzate però dagli assalitori e di ciò

restano sulle pareti i segni causati dall’impatto dei proiettili.
Oggi nella torre si accede da una porta su lato orientale, ed
entrati troveremo un caminetto, struttura che incontreremo
al secondo ed all’ultimo piano con decorazioni fitomorfe in
rilievo. Una scaletta elicoidale ricavata nello spessore dei
muri dal pianterreno conduce all’ultimo piano.
Opera di difesa della costa e dell’entroterra Jonico, la torre di
Leverano si raccordava con le altre fortificazioni del territorio,
e sulle sue pareti si trovano in rilievo gli stemmi di coloro che la
possedettero, ma nei secoli, causa interventi e manomissioni,
qualche stemma fu asportato.
Nel Trecento la torre ospitò una cappella dedicata a S.
Leonardo, e con la conquista veneziana di Leverano nel 1484
essa si dimostrò ormai impotente di fronte alle artiglierie, e
cosi ebbe inizio la sua decadenza e venne addirittura usata
come piccionaia, con danni alle pareti interne ove si ricavarono
i nidi per gli uccelli.
Nessuno si occupò più della torre che per l’inclemenza del
tempo continuò a rovinare, con i suoi pezzi che crollavano,
compreso il ponte levatoio che però venne ricostruito in pietra e
ciò durò fino al XIX secolo, allorché fu destinata a magazzino.
La struttura minacciava di crollare per cui vennero effettuati
lavori di consolidamento statico tra il 1889 e il 1891 e intanto
ad essa continuavano ad addossarsi tante case.
Tra Ottocento e Novecento della torre di Leverano si
interessarono non pochi studiosi salentini, e non solo, tra
i quali Cosimo De Giorgi, Sigismondo Castromediano e
Giacomo Arditi, e pur oggi non mancano coloro che reclamano
la restituzione della struttura al suo antico splendore.