Damiana Patrimia 05/04/2019

La romanica chiesa di S. Maria della Lizza, o dell’Alizza,
si cominciò a costruire nel 1268 e fu inaugurata circa
cinquant’anni dopo. Sorta nell’area di un tempio più antico
di rito greco, con i criteri dell’arte normanna venne rifatta e
come la precedente costruzione si innalzava nella parte più
elevata di Alezio, a circa 75 metri sul livello del mare, da cui
dominava il paesaggio circostante.
Nell’età di mezzo il paese fece parte del territorio di Gallipoli,
era quindi una frazione, a cui poi venne dato il nome di
Villapicciotti poiché il proprietario di alcuni terreni, nel
1715, tal Francesco Alemanno, soprannominato “Picciotto”,
concedeva in enfiteusi il suo podere “sotto l’Alizza” per
ampliare con nuove costruzioni il villaggio che all’epoca
contava circa 200 abitanti.
Divenuto nel tempo ormai un paese di oltre 2500 anime, le
persone del luogo chiesero ed ottennero dal re Ferdinando II
di Borbone l’indipendenza da Gallipoli che fu concessa il 30
gennaio 1854, dando al sito l’attuale nome di Alezio, poi l’1
luglio 1873 con il consenso di Vittorio Emanuele II, re d’Italia.
Certo è che nell’XI secolo il tempio basiliano su cui sarebbe
sorta la nostra chiesa per circa un anno, dal 1268 al 1269
divenne cattedrale, intitolata a S. Maria della Cruciata, della
diocesi di Gallipoli, essendo la città bella, fedele alla casa
normanno-sveva, assediata e devastata dall’esercito di Carlo
I d’Angiò.
La chiesa della Madonna della Lizza, monumento nazionale
e Santuario dal 1950, nel corso dei secoli ha subito molti
rimaneggiamenti. La sua facciata è alquanto insolita poiché è
preceduta da un vestibolo rettangolare del XIV secolo, voluto
da Carlo I d’Angiò. La struttura, alquanto elevata, la ritennero
una sorta di torre idonea per scrutare i pericoli provenienti
soprattutto dal mare, distante in linea d’aria pochi chilometri.
Tale vestibolo, è aperto davanti da un’alta arcata leggermente
ogivale e sui fianchi da arcate minori, e si conclude con un
coronamento perimetrale di arcatelle. Possiede una volta
costolonata con capitelli zoomorfi. “La grande porta d’ingresso
– scrisse Cosimo De Giorgi – ha un arco svelto, rialzato, a
sesto acuto e contornato da un coronamento elegante. Un’altra
porta, più bassa della precedente, si vede nella parete rivolta
a tramontana; l’arco è a sesto acuto ed ha un fregio a zig-zag
graziosissimo. La cimasa dell’edificio è poi contornata da una
cornice di archetti trilobi che riposano su mensolette e termina
in alto con una fascia ondulata.
La facciata della chiesa corrisponde allo stile del vestibolo
nella sola parte inferiore, cioè nella porta d’ingresso. La
finestra soprastante è barocca e ci rivela le innovazioni e le

deturpazioni subìte da questa chiesa verso la fine del XVI
secolo da Mons. Alfonso Errera, e nei primi del XVII da
Mons. Capece. L’architettura del portico è dei primi del secolo
XIV; di questo secolo sono pure i pochi frammenti di pitture
a fresco sulla parete del vestibolo, di contro alla porta piccola
dello stesso. Quello della lunetta sulla porta della chiesa è del
secolo XVII. Bellissima è la volta del vestibolo con nervature
rilevate che hanno origine dagli spigoli interni della torre e
riposano sul corpo di aquile, eccetto una che sovrasta ad una
figurina umana scolpita a mezzo busto nello spigolo rivolto a
nord-ovest.
Dell’interno della chiesa non diremo nulla perché di stile
barocco. Ogni vescovo ha aggiunto qualcosa di suo dalla
fine del 1500 fino al 1871, nel quale anno la Commissione
conservatrice dei patrii monumenti permise l’ampliamento
della nave sinistra della chiesa, trattandosi di modificare ciò
che era stato già sciupato o rinnovato da troppi zelanti pastori
nei secoli precedenti. Citeremo soltanto, a titolo di onore,
monsignor Danisi, il quale trasportò il quadro dell’Assunta
dipinto dal Cav. Malinconico nel 1806 e fece rimettere in
luogo più appariscente l’antica immagine greca della Vergine
dell’Alizza, dipinta a fresco, che si venerava nel vecchio
altare